Le operazioni: trucchi per imparare le tabelline (tavola pitagorica).

La tavola pitagorica, ovvero la tabella con tutti i risultati delle moltiplicazioni, era stampata su quasi tutti i quaderni di scuola del 1958.

Oggigiorno è stata fatta un po a pezzi e cosi le tabelle son diventate le famose “tabelline” delle moltiplicazioni tanto odiate dai bimbi.                                                       Molti le studiano a memoria ma non tutti hanno una memoria brillante e poi dopo un pò si dimenticano. Allora si può ricorrere a qualche trucco:

  • Come è noto nelle tabelline ci sono molti risultati uguali dove si invertono i moltiplicatori: 6×8=8×6
  • E poi si può risparmiare tempo ed evitare confusione escludendo le tabelline banali dell’1 e del 10.
  • E anche le tabelline del 11 e del 12 sono escludibili perchè sono semplici e ricavabili dalle precedenti.

Quindi tagliando quà e là riduciamo il numero di moltiplicazioni da ricordare a memoria da 81 a sole 36.

tavola pitagorica classica:

Come NON studiare le tabelline:                                                                                         Non è bene studiare le tabelline a memoria: “Tre, sei, nove, dodici,.. trenta.”
Perchè se poi cerchiamo per esempio “tre per otto”.. un bambino, noi o comunque il nostro cervello, andra a cercare in sequenza ripetendo la tabellina memorizzata e magari viene anche da tenere il conto con le dita.
Questo sistema può andar bene per controllare ma anche se fatto veloce è lungo e rischioso. Sapere le tabelline così, è poco utile, anzi dannoso, perché:

  1. E’ inefficiente, infatti ci vuole un sacco di tempo per dire quanto fa 3 x 8 o 3 x 9; di conseguenza un ragazzo rimane indietro nell’eseguire i calcoli, si sente insicuro, perde la fiducia in se stesso e alla fine odia la matematica.
  2. Non aiuta a richiamare alla mente la fattorizzazione di un numero, a trovare rapidamente il mcm e il MCD, e quindi, ad esempio, ad operare con le frazioni.

Come studiare le tabelline: Un buon metodo di studio è l’esecuzione di moltiplicazioni prese a caso o meglio ancora parzialmente a caso.

Per esempio, escludendo magari la tabellina del 2, si può cominciare da quella del 3 e poi scegliendo numeri a caso fare:
3×5, 3×8, 3×3, 3×9.. raggiunta una certa sicurezza si può passare alla tabellina sucessiva.

Per una prima memorizzazione corretta e per rompere la sequenzialità può essere ottimo fare in sequenza le operazioni x9 x7 x5 x3 x8 x6 x4

Tra l’altro per i piu grandi, utilizzando la tabella “Furba” si scopre che i numeri più difficili da memorizzare stanno tutti nelle tabelline del 7, 8 e 9 moltiplicando dal 6 in su e quindi come per magia le moltiplicazioni da ripassare bene si riducono in tutto a sole “10” combinazioni.

Poi per esercitarsi torna comodo un mazzo di carte ben mescolato senza figure per cui:

  • Potremo fare moltiplicazioni tra numeri che difficilmente si ripeteranno se scartiamo le carte già usate.
  • All’inizio possiamo imporre la prima carta e variare solo la seconda.
  • Possiamo cambiare entrambe le carte per aumentare la difficoltà
  • Oppure possiamo pescare una carta e metterla sulla precedente estratta piu altra per avere un conto facile e viceversa per avere un conto tra numeri maggiori.

 

Filastrocca con disegni per imparare i numeri da 0 a 9.

Una e’ la luna

Due le stelle che sembran gemelle

Tre le rose del giardino

Quattro le mele nel cestino

Cinque i bimbi che giocan felici

Sei i quadri nelle corniciSette i colori dell’arcobaleno

Otto i serpenti che sputan veleno

Nove i gatti di color nero

Resta solo soletto lo zero

Matematica e società: l’etnomatematica.

Facendo una breve ricerca su internet riguardo la matematica e la società, per caso mi è capitato di leggere un articolo sull’etnomatematica, che ho ritenuto essere molto interessante.

L’etnomatematica è lo studio delle pratiche matematiche dei gruppi socioculturali. Benchè sia caratterizzata da metodi simili a quelli dell’ etnografia i gruppi socioculturali cui rivolge la sua attenzione non consistono esclusivamente in comunità etnicamente intese o società di piccola scala, ma anche in gruppi interni alle società avanzate, come categorie professionali, collettività locali, tradizioni religiose, strati sociali, etc.

Gli etnomatematici ritengono che esistano diverse matematiche, ciascuna prodotta dalla società e dalla cultura. Per studiare occorre tener conto della contestualizzazione culturale e storica.  Ciò contribuirebbe alla comprensione delle culture e allo stesso tempo alla comprensione della matematica.

Il termine etnomatematica fu coniato dallo studioso brasiliano Ubirtain d’Ambrosio.

Cosa studia l’etnomatematica?

Gli argomenti di studio dell’etnomatematica comprendono i sistemi di numerazione, i metodi di conteggio, i sistemi di misura, i sistemi simbolici, le rappresentazioni dello spazio e del tempo, i metodi di disegno, le tecniche di raffigurazione, i metodi di costruzione, le procedure di calcolo, gli algoritmi per operazioni, le regole di ragionamento, tutte le attività cognitive e materiali che possono essere tradotte in rappresentazioni della matematica ricreativa, d’abilità e d’azzardo.

La scoperta fondamentale di questi studi è la grande raffinatezza e l’elevata complessità che le pratiche matematiche possono raggiungere in questi contesti.

Secondo D’Ambrosio il prefisso “etno” può essere riferito ad ogni tipo di gruppo. In tal senso l’etnomatematica riguarda tutti perché studia gli aspetti matematici e logici delle strategie che, nella vita di ogni giorno, applichiamo per risolvere i problemi che ci si pongono davanti. Si scopre allora che esse contengono tanta matematica espressa in diverse forme di ragionamento, della quale spesso non ci accorgiamo perché annidata in comportamenti che ci sembrano naturali e che sono codificati nelle nostre forme culturali.

La matematica è innata nei bambini: fanno calcoli prima di imparare le operazioni.

Già a 5 anni sono in grado di fare addizioni e sottrazioni con grandi numeri;
Ricerca Usa-Gb: “E’ una competenza naturale per tutti, che va sviluppata nelle scuole”.

La matematica? Un gioco da ragazzi, anzi da bambini. Chi da piccolo ha faticato con addizioni e divisioni, calcoli sempre più complessi e ragionamenti che parevano inafferrabili farà fatica a mandarlo giù, ma una nuova ricerca indica che i bimbi sono in grado di risolvere problemi con grandi numeri ben prima che venga loro insegnata l’aritmetica.

La capacità di afferrare i principi matematici, come quelli che regolano le operazioni di calcolo, sarebbe insomma innata e non un dono riservato a pochi fortunati, invidiati dagli altri. La dottoressa Camilla Gilmore ed i colleghi dell’università di Nottingham, in Gran Bretagna, e Harvard, negli Stati Uniti, che hanno pubblicato il loro lavoro su Nature, sostengono che non è necessario per i più piccoli padroneggiare la logica di un sistema numerico simbolico per riuscire a fare addizioni e sottrazioni approssimate.

I ricercatori sono arrivati a questa conclusione mettendo di fronte a bambini di cinque anni con background diversi una serie di problemi sotto forma di scenari ipotetici in cui figuravano addizioni e sottrazioni di numeri, da 5 a 98. I bambini non avevano ricevuto una formazione specifica di aritmetica, ma sono riusciti ugualmente e con buoni risultati nelle operazioni di calcolo, rispondendo a domande come: “Se Sara ha 64 caramelle e ne regala 13 e Giovanni ne ha 34, chi di loro ne ha di più?”. Non solo: hanno fatto anche molto meglio di quanto gli scienziati si aspettassero, spesso non arrivando ad un risultato esatto, ma ad una buona approssimazione.

Come hanno fatto?

“Sappiamo che i bambini hanno un sistema di rappresentazione dei numeri non simbolico, che permette loro di fare sottrazioni ed addizioni approssimate di quantità non simboliche, come, ad esempio un gruppo di puntini o una sequenza di toni”, spiega la dottoressa Camilla Gilmore, che ha guidato lo studio. “E’ questa stessa capacità che usano anche per fare addizioni e sottrazioni di quantità simboliche”.

I test sono stati fatti in ambienti diversi, nella quiete di un laboratorio e nell’atmosfera più caotica di una classe: in quest’ultimo caso i risultati sono stati leggermente inferiori, forse per il fattore distrazione.

“Da tempo si sa che adulti e bambini, ma anche neonati e animali, hanno un senso per i numeri. Ma quello che ci ha sorpreso è vedere che i bambini usano in modo spontaneo questa facoltà quando si presentano loro problemi di aritmetica simbolica. Questi bambini non l’hanno ancora studiata, eppure il loro senso innato per i numeri dà loro un modo di pensare aritmetico”, spiega ancora la dottoressa Elizabeth Spelke, co-autrice dello studio.

La matematica, quindi, è una competenza naturale nei più piccoli, che riescono ad applicarla anche senza una specifica istruzione scolastica. Un bel cambio di prospettiva, per chi, finora, ha sempre distinto fra chi ha il dono dei numeri e chi, invece, delle lettere. Non ci sono più scuse, insomma: e gli autori della ricerca suggeriscono proprio questo, di insistere su aritmetica e calcoli su tutti i bambini fin dalla più tenera età per coltivare questa facoltà nascosta. Provare per credere: “Gli insegnanti erano preoccupati che i nostri problemi finissero solo per frustrare i bambini – dice Gilmore – ma anche loro sono rimasti molto colpiti, sia dal loro entusiasmo che dai loro successi”.



L’educazione matematica nei bambini dei paesi emergenti (Francia, India, Italia …).

Qualsiasi genitore curioso dello sviluppo intellettuale di un figlio o di una figlia fin da quando iniziano a parlare può constatare come la serie dei numeri sia oggetto di un interesse sicuro da parte dei piccoli, che si compiacciono nel conoscere sempre più membri di quella curiosa fratellanza e si divertono nel vederli e nell’ascoltarli ovunque attorno a loro (a casa, per strada, nei giochi, a scuola, in televisione). Non solo. I bambini provano con impegno a contare e a rispondere alle domande aritmetiche (c’erano due autobus al capolinea, ne è arrivato un altro, quanti sono ora? Eravamo in tre al parco, se n’è andata Maria, in quanti siamo rimasti?) e se sbagliano cercano di capire, e quando capiscono l’errore sorridono e riprovano, e quando imparano qualcosa di nuovo gli occhi brillano.

Forse una delle innovazioni didattiche più notevoli portate dalla diffusione della scuola dell’infanzia negli ultimi decenni è rappresentata proprio dall’avviamento precoce dei bambini alle idee basilari della aritmetica e della geometria. Si tratta in fondo di mettere in pratica una impostazione che risale ai fondatori, Pestalozzi e Frobel, il quale scriveva nel 1826, a proposito dei pargoletti non ancora scolari: «mediante lo svolgimento e il perfezionamento della capacità numerativa, si allarga nel bambino la cerchia della sua conoscenza, il mondo della sua vita, ed un bisogno essenziale della sua interiorità, un ardente desiderio del suo spirito rimane soddisfatto con tale svolgimento». Gli strumenti teorici per poter realizzare con i bambini questa intuizione pedagogica sono arrivati alcuni decenni dopo, con le ricerche dei matematici, che hanno analizzato la «ricca messe di verità propriamente aritmetiche alle quali i nostri primi maestri fanno in seguito appello come a qualcosa di semplice, evidente e dato dall’intuizione interna» per dirla con il matematico tedesco Richard Dedekind. Così oggi possiamo avvicinarci al punto di vista del bambino sulla ricerca di precisione insita nel contare e nelle parole che usiamo a questo scopo; e siamo in grado di capire meglio su quali basi poggi la sua confidenza con la regolarità di questa lunga, infinita, fila dei numeri, una fiducia che gli rende possibile esplorare e affermare con sicurezza nuove conclusioni partendo dall’idea basilare di “successore” di un numero.

Questa impostazione guida oggi il lavoro di maestre e maestri in molte aule infantili del mondo, ed in particolare in paesi che, guarda caso, hanno una posizione di guida nella matematica e di conseguenza nelle tecnologie a base matematica a livello internazionale. In Francia, nella grande maternelle (5 anni) i bambini si esercitano contando i compagni, ad esempio mettendo i banchi a T, confrontandosi con i vari errori che comporta la realizzazione attiva – muovendosi, guardando, recitando le parole-numero – di una procedura di corrispondenza perfetta come è il contare, e avvicinandosi così ai paradossi e alle sorprese dell’astrazione matematica. In India, come in altri paesi emergenti, si fa leva sulla precocità infantile per anticipare ciò che prima corrispondeva alla scuola dell’obbligo, fino alle tabelline della moltiplicazione. Ma per trovare un approccio meno tradizionale basta scorrere il libro di matematica per la scuola dell’infanzia (grade K) scritto dalla statunitense Karen Fuson, pubblicato dalla casa editrice Houghton Mifflin e sostenuto da un progetto della National Science Foundation: esso mette in atto, ad esempio, interessanti idee sui vari valori del numero esplorati dai bambini (contare quanti biscotti ci sono nella scatola, capire l’ordine di arrivo di una gara, misurare una lunghezza, conoscere gli anni, calcolare una piccola spesa in dollari e cent, conoscere il numero di telefono o il numero delle scarpe).

 

 

L’attenzione al mondo della prima infanzia ha aperto così le porte a un’innovazione nell’insegnamento della matematica di portata epocale per migliorare l’apprendimento dei bambini e dei ragazzi nel seguito dell’istruzione obbligatoria. Si tratta, per usare l’espressione di Fuson, di fornire ai più piccoli occasioni di esperienza numerica, di progettare didatticamente queste occasioni per far emergere le risposte del bambino facendo leva sulla intuizione interna, che oggi possiamo descrivere sulla base della moderna conoscenza dei numeri naturali. Il suo carattere innovativo risiede nel fatto che proporre all’attenzione dei bambini più piccoli i numeri naturali, il calcolo mentale, il punto, la retta, la misura, la sfera, attraverso domande e problemi, scavalca necessariamente la tradizione del far di conto incentrata sulla pagina scritta (scrittura dei numeri e operazioni in colonna) e porta in primo piano i più profondi problemi filosofici della matematica : i concetti primitivi di “uno” e di successore di un numero, l’infinito dei numeri naturali, gli aspetti convenzionali del numero, la verità, l’errore. Proprio l’esperienza matematica è l’aspetto didattico che rende possibile questa innovazione. Infatti, all’osservatore attento non può sfuggire il fatto che il mondo di oggi, così saturo di numeri e di geometria (numeri, codici, coordinate ovunque, nell’ambiente domestico, per strada, nelle stazioni dei treni, nei luoghi di divertimento, nei supermercati) contribuisce sia a svegliare l’interesse dei piccoli per la matematica, sia ad aumentare in modo stupefacente le loro capacità aritmetiche. Non si tratta di riproporre l’idea didattica ormai trita, per cui il bambino avrebbe bisogno sempre di scoprire da sé e avrebbe bisogno di compiere ogni passo nella via della conoscenza facendo leva sul concreto, cioè su ciò che può toccare o vedere. Infatti, la matematica è proprio la via maestra grazie alla quale vediamo come la nostra mente interagisca con l’esperienza dei nostri sensi e vada oltre, partendo così dalla misura di oggetti reali per arrivare alla misura perfetta di oggetti ideali, astratti.

Il bambino non si appiattisce sul concreto: ad esempio, una volta che ha pensato a tre-quattro caramelle riuscirà facilmente a rispondere alla domanda generale: quanto fa tre più uno? La sua relazione di intimità con i numeri progredirà muovendosi fra astratto e concreto, ma progredirà nella misura e con il ritmo delle occasioni di esperienza numerica. La spiegazione di questo fatto risiede probabilmente in quella forma di conoscenza non razionale ma di “mimesis” tipica del bambino, che non fa ricorso cioè all’argomentazione e ai concetti generali, ma si basa sul “rendersi simile nella voce o nel gesto”: non si tratta di una banale imitazione ma di quel processo profondo di immedesimazione che vediamo all’opera nei giochi di “facciamo come se” delle bambine e dei bambini, ma che rappresentano una parte essenziale del modo in cui essi entrano nel mondo. La rilevanza pedagogica di questo aspetto è riproposta da un saggio di Gilberto Scaramuzzo (Paideia-mimesis, Anicia). Ebbene, il rendersi simile a qualcuno (un adulto qualsiasi: un medico, un calciatore, un astronauta, un operaio) o immedesimarsi in qualsiasi situazione (una corsa, un acquisto) richiede al giorno d’oggi quasi sempre dei numeri. Se si osservano i bambini nella loro libera interazione, in un parco o a scuola durante la ricreazione, si renderà evidente quanto i loro dialoghi siano impregnati di numeri, anche numeri di pura “mimesis”, usati in modo erroneo aritmeticamente e per questo fonte anche di liti. È un dato di fatto che non riguarda soltanto i bambini di oggi o dell’epoca di Frobel: i moderni studi archeologici hanno rivelato che l’addestramento alle complesse procedure di scrittura e di calcolo degli scribi della Mesopotamia (le prime scuole) iniziava fra i cinque e i sette anni. Gli addetti ai lavori, soprattutto in Italia, si chiederanno: ma non si era detto che il bambino prima dei sei-sette anni non può avere un’idea astratta di numero? In effetti, questa idea sostenuta da Jean Piaget ha avuto lungo corso a partire dagli anni ’50, portando alla convinzione che è inutile tormentare i bambini della scuola dell’infanzia con calcoli e problemi e che nella prima classe delle elementari occorre amministrare i numeri con la prudenza richiesta da una medicina tossica. In realtà da trent’anni gli stessi psicologi – spicca il lavoro della britannica Margaret Donaldson – hanno scovato i punti deboli degli esperimenti di Piaget e della sua collaboratrice Szeminska progettando controesperimenti che li hanno confutati, ma in Italia sembra che non se ne voglia prenderne atto. Al contrario, nelle Indicazioni per la scuola dell’infanzia promosse dal ministro Fioroni – come non mancò di segnalare l’Unione matematica italiana – si è persa l’occasione di un sostanziale miglioramento rispetto al vuoto totale delle Indicazioni Moratti, inserendo comunque la matematica nel grande calderone dell’esperienza del mondo sotto diciture fumose del tipo “riflettere sulla misura, sull’ordine e sulla relazione”. Per tentare di farla finita con questo vero e proprio pregiudizio, quest’anno l’Unione matematica italiana ha promosso la traduzione di un vivace testo della Donaldson (Come ragionano i bambini, Springer) che risale al 1978! È da augurarsi che trent’anni di ritardo possano essere presto recuperati.

Matematica e società: le donne e la matematica.

Riporto qui di seguito un articolo riguardo una ricerca fatta da quattro economisti italiani sulle donne e la matematica che ho trovato molto interessante.

“Non c’è alcuna predisposizione genetica dei maschi ad avere successo in matematica. Piuttosto è una questione di potere o di mancata emancipazione delle donne, in termini politici, sociali e culturali. Così chi ha più potere, più è bravo a fare di conto. O meglio: dove le donne sono meno considerate nella società la distanza tra i due sessi sulle materie scientifiche si allarga. E infatti mentre in Islanda il gap si è ribaltato a favore delle donne, e Svezia, Norvegia e Finlandia lo stanno per azzerare; l’Italia è in fondo alla classifica, al pari di Giappone e Grecia, e solo poco sopra la Corea e la Turchia.

Lo hanno studiato quattro economisti italiani, Luigi Guiso dell’Università europea di Firenze, Ferdinando Monte, dell’Università di Chicago, Paola Sapienza dell’Università del Northwestern e, infine, Luigi Zingales della School of Business di Chicago. La ricerca è stata pubblicata sull’ultimo numero della prestigiosa rivista americana Science, ed è anche una risposta alla clamorosa tesi di Lawrence Summers, l’ex ministro del Tesoro di Bill Clinton, che nel 2005, quando da rettore di Harvard, sostenne, in un convegno a porte chiuse a Boston, che le donne sono biologicamente svantaggiate nel campo scientifico.

Summers fu travolto dalle critiche, provenienti non solo del mondo femminista, e l’anno dopo costretto a lasciare Harvard.

Dunque anziché il Dna bisogna indagare sulle regole sociali. Ma i quattro economisti non si sono sostituiti ai politologi o ai sociologi. Per questo hanno guardato innanzitutto alle performance. Questo è il loro campo di indagine: capire come funzionano i sistemi economici, individuarne i limiti o punti di forza. E allora, perché oltre metà della forza lavoro (cioè le donne) non ottiene risultati positivi sul terreno delle materie scientifiche? Come mai alla School of Science del mitico Mit, la quota di scienziati femmine è solo dell’8 per cento? E ancora: perché al dipartimento di Fisica della stessa scuola su 95 membri solo 5 sono donne? E al dipartimento delle Scienze cognitive e del cervello sono donne 11 su 41? Da queste domande è cominciata la ricerca.

Per avvicinarsi alla risposta il primo step dei quattro economisti è stato quello di analizzare l’indice Pisa, che sta per Programme for international student assessment. E’ un’indagine periodica tra i 30 paesi dell’Ocse e un gruppo di altri 11 che ha come obiettivo quello di valutare la capacità cognitiva degli studenti quindicenni in matematica e nelle materie letterarie. In genere nella prima primeggiano i maschi e nelle seconde le femmine.

L’Italia si colloca in entrambe le classifiche agli ultimi posti. E va molto male nella graduatoria che registra il gap tra maschi e femmine in matematica: siamo al 36º posto su 40 paesi.

I quattro economisti hanno poi messo in correlazione il gap tra maschi e femmine nelle materie scientifiche con un altro indice, utilizzato anche dal World economic Forum, che segnala il livello di emancipazione delle donne. E’ il “Gender gap index” (Ggi) che tiene conto di diverse variabili: dalla partecipazione delle donne al mercato del lavoro, alla loro presenza in politica e nei luoghi di comando, e così via. Alla fine è emerso che dove l’indice di emancipazione è più basso è anche più marcata la distanza tra maschi e femmine sulle materie scientifiche e viceversa.

Conclusione: sono i fattori culturali che portano le femmine ad essere meno brillanti in matematica, non la composizione dei loro geni. E poi se il gentil sesso migliora in matematica, crescono anche le performance maschili in letteratura. Come dimostrano i casi di alcuni Stati degli Stati Uniti. Insomma più donne al potere, più maschi bravi in letteratura. E – certo – più donne scienziate.


Foto sulla matematica.

giochi e matematica ricreativa

Ecco qui un elenco di giochi per i più piccoli, e non solo, che riguardano la matematica.

1. GEOEQUAZIONI: In questo gioco bisogna individuare quella figura geometrica che si otterebbe se ad un’altra figura aggiungessi o togliessi una sua parte. Gioco su 2 livelli di difficoltà. Rivolto a partire dagli allievi della IV e V elementare.

2. MEMORIES ARITMETICI: Il gioco consiste nell’abbinare l’operazione tra due numeri con il suo risultato. Sono presenti calcoli con le quattro operazioni aritmetiche. L’attività è utile a rafforzare il calcolo mentale veloce. La grandezza dei numeri coinvolti non supera le due cifre. Rivolto ad allievi della II e III elem.

3. IL GIOCO DEL 45: un gioco coi dadi per mantenere in esercizio la mente al calcolo aritmetico (addizioni, composizione, equivalenza), attraverso una sfida con se stesso e la fortuna. Utile, semplice e piacevole per i più piccoli, divertente per i grandi.

4. IL TANGRAM: un antico gioco cinese che consente di formare figure componendo 7 forme geometriche (triangoli, quadrati, rombi), ruotandole e ribaltandole.  Si propone questo gioco per fare esperienze di confronto tra figure diverse, ma diversamente orientate nello spazio e di sperimentare la conservazione delle superfici per movimenti rigidi. Il gioco, per i suoi obiettivi didattici, è rivolto ai bambini della classe elementare, ma ci si diverte a tutte le età.

4. PUZZLE GEOMETRICI: con cui formare diverse figure geometriche, operando sui pezzi a disposizione con traslazioni, rotazioni e ribaltamenti. Si propone questo gioco per fare esperienze di conservazione delle superfici, o sulle isometrie. Ci si rivolge agli alunni della classe elementare, ma è adatto anche per i più grandi.

5. TETRIS: Un gioco diffuso in tutto il mondo. Ruotare, traslare e ricoprire una superficie con i tetramini. Scopo del gioco è ricoprire il riquadro utilizzando i poligoni che casualmente vengono proposti in cascata.

6. IL SALTO DEL CAVALLO: Classico gioco di logica in cui bisogna passare su tutte le caselle della scacchiera saltando con le regole del cavallo.Richiede di eseguire azioni sotto regole prestabilite, stimola l’apprendimento a stabilire strategie.

7. DAMA CINESE SOLITARIO: Questo gioco di logica richiede di eseguire percorsi sotto regole prestabilite, stimola l’apprendimento a determinare sequenze e stabilire strategie.

8. LE TORRI DI HANOI: Antico gioco orientale di strategia.
Sono presenti 5 livelli di difficoltà. Il gioco, utile per introdurre la ricorsività e per operare confronti tra grandezze, è accompagnato da una introduzione storica. È un gioco per tutti.

9. TRIANGOLI E QUADRATI MAGICI: un gioco utile a rafforzare il calcolo mentale veloce. Otto attività differenti su triangoli e quadrati magici. Tre livelli di difficoltà.

10. SCOPRI IL NUMERO: è una sorta di MasterMind coi numeri, in cui bisogna indovinare il numero di 3 o 4 cifre che il computer sorteggia. L’attività è utile per sviluppare e rafforzare le capacità logiche.

11. FRAZIONI PROPRIE: Con questa applicazione possono essere svolte diverse attività rivolte agli allievi della scuola elementare. Può essere utilizzata anche nelle medie inferiori e superiori, per coadiuvare nella pratica di sostegno. La manipolazione grafica-colorata delle “parti” di un intero porta l’allievo ad acquisire confidenza con le frazioni e con i numeri decimali, preparandolo ad operare con esse.

 

Un po’ di aforismi sulla matematica …

Johann Wolfang von Goethe I matematici sono come i francesi: se si parla con loro, traducono subito nella loro lingua, e diventa subito qualcosa di diverso.

Leonardo da Vinci (1478 – 1508) Chi biasima la somma certezza delle matematiche si pasce di confusione, e mai porrà silenzio alle contraddizioni delle sofistiche scienzie, colle quali s’impara uno etterno gridore.

Leonardo da Vinci (1478 -1508) Nessuna certezza delle scienze è dove non si pò applicare una delle scienze matematiche, ovver che non sono unite con esse matematiche.

Dante Alighieri (1265-1321) La matematica è senza macula d’errore e certissima per sé.

Francis Bacon (Francesco Bacone) (1561-1626) Se una persona si sente un vagabondo, che studi matematica.

Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861) Dallo studio dei triangoli e delle formule algebriche sono passato a quelle degli uomini e delle cose; comprendo quanto quello studio mi sia stato utile per quello che ora vado facendo degli uomini e delle cose.

Auguste Comte (1798-1857) […] E’ dunque attraverso lo studio delle matematiche, e solo mediante esse, che ci si può fare un’idea giusta ed approfondita di ciò che è una scienza.

Charles Robert Darwin (1809-1882) La matematica sembra dotare una persona di qualcosa come un nuovo senso.

John Dewey (1859-1952)
Ogni grande progresso scientifico è scaturito da un nuovo atto d’audacia dell’immaginazione.

Albert Einstein (1879-1955) Non preoccuparti delle difficoltà che incontri in matematica, ti posso assicurare che le mie sono ancora più grosse.

Friedrich Wilhelm August Froebel (Fröbel) (1782-1852) La matematica si può considerare come ciò che unisce e si interpone fra l’Uomo e la Natura, fra il mondo esterno e quello interno, fra il pensiero e la percezione.

Galileo Galilei (1564-1642)
Se l’uomo non sapesse di matematica non si eleverebbe di un sol palmo da terra.

Galileo Galilei (1564-1642)
La Natura è un libro scritto in caratteri matematici.

Carl Friedrich Gauss (1777-1855) La matematica è la regina delle scienze, l’aritmetica è a regina della matematica.

Immanuel Kant (1724-1804)
La scienza della matematica offre il più brillante esempio di come la pura ragione possa con successo allargare il suo campo senza l’aiuto dell’esperienza.

Isaac Newton (1642-1727)
Gli autori più moderni, come i più antichi, lottano per subordinare i fenomeni della Natura alle leggi della matematica.

Platone (427-347 a.C.) I numeri governano il mondo.

la matematica.

La parola matematica deriva dal greco μάθημα (máthema), traducibile con i termini “scienza”, “conoscenza” o “apprendimento”; μαθηματικός (mathematikós) significa “incline ad apprendere”.


Con questo termine di solito si designa la disciplina (ed il relativo corpo di conoscenze) che studia problemi concernenti quantità, estensioni e figure spaziali, movimenti di corpi, e tutte le strutture che permettono di trattare questi aspetti in modo generale. La matematica fa largo uso degli strumenti della logica e sviluppa le proprie conoscenze nel quadro di sistemi ipotetico-deduttivi che, a partire da definizioni rigorose e da assiomi riguardanti proprietà degli oggetti definiti raggiunge nuove certezze per mezzo delle dimostrazioni.

La potenza e la generalità dei risultati della matematica le ha reso l’appellativo di regina delle scienze: ogni disciplina scientifica o tecnica, dalla fisica all’ingegneria, dall’economia all’informatica, fa largo uso degli strumenti di analisi e di calcolo offerti dalla matematica.

La matematica ha una lunga tradizione presso tutti i popoli della storia antica e moderna; è stata la prima disciplina a dotarsi di metodi di elevato rigore e portata; ha progressivamente ampliato gli argomenti della sua indagine e progressivamente ha esteso i settori ai quali può fornire aiuti computazionali e di modellizzazione. È significativo che in talune lingue e in talune situazioni al termine singolare si preferisce il plurale matematiche.

Nel corso della sua lunga storia e nei diversi ambienti culturali si sono avuti periodi di grandi progressi e periodi di stagnazione degli studi. Questo in parte è dovuto all’importanza dei singoli personaggi capaci di dare apporti profondamente innovativi e illuminanti e di stimolare all’indagine matematica grazie alle loro doti didattiche. Si sono avuti anche periodi di arretramento delle conoscenze e dei metodi: questi però si sono riscontrati solo in relazione a eventi distruttivi o a periodi di decadenza complessiva della vita intellettuale e civile. Nella storia della matematica degli ultimi 500 anni, in relazione al miglioramento dei mezzi di comunicazione è comunque prevalsa la crescita progressiva del patrimonio di risultati e di metodi.

Questo ha corrisposto alla definizione di un linguaggio per molti aspetti esemplare come strumento per la trasmissione e la sistemazione delle conoscenze.

Del linguaggio matematico moderno, fatto di rigorosi simboli riconosciuti in tutto il mondo, la maggior parte è stata introdotta dopo il XVI secolo. Prima di allora, la matematica era scritta usando parole, un processo faticoso che rallentava le scoperte matematiche. Eulero (1707-1783) è stato il responsabile di molti delle notazioni oggi in uso.


Il linguaggio matematico a volte può essere difficile per i principianti. Parole come o e solo hanno precisi significati, più che nella lingua corrente. Infatti, la matematica richiede più precisione del linguaggio quotidiano.


Nella matematica, infine, è fondamentale il rigore. Per rigore si intende un preciso e logico utilizzo di teoremi già dimostrati, in modo che, analizzando la dimostrazione in profondità attraverso un processo a ritroso, si arrivi a definizioni universalmente accettate.